Anche il piccolo paese di Ronta può vantare di aver dato alla nazione artisti, letterati, uomini di chiesa illustri e famosi. Ma al di là di ogni trionfalismo, la comunità deve essere giustamente fiera dei personaggi illustri di Ronta.

Giovanni Battista Stefaneschi

Nel 1582, dal muratore Francesco Stefaneschi, nacque a Ronta Marchionne o Melchiorre. Dopo aver fatto gli studi nel paese e sotto la guida dei preti locali, a 22 anni entrò nell’eremo di Montesenario, e nel 1604 vestì l’abito dei servi di Maria cambiando il nome da Melchiorre a Giovanni Battista. Professò l’11 aprile dell’anno seguente ed il 1° gennaio 1606 celebrò la prima messa. Non aveva mai pensato al disegno. Arricchì le sue nozioni tramite l’amicizia che aveva con Ligozzi e Pietro da Cortona. Inizialmente era privo di slanci geniali, ovvero dipingeva senza creare. Ben presto divenne uno dei personaggi illustri di Ronta, tanto da essere ricercatissimo anche fuori dalle mura dell’eremo. Il Granduca vide i primi lavori del frate e rimase entusiasta tanto da volere delle miniature di opere famose. Stefaneschi esegue molte riproduzioni, tra le quali: La disputa delle Trinità di Andrea del Sarto, Adorazione dei pastori di Tiziano, San Giovannino di Raffaello e la Madonna adorante il Bambino di Correggio. Queste possono essere ammirate presso la Galleria degli Uffizi.

Eseguì moltissime copie dell’affresco dell’Annunciazione posto nell’oratorio della SS. Annunziata, come pure dell’immagine del Salvatore, opera del Andrea del Sarto. Dipinse due cenacoli presso Bologna e Ferrara. Nella chiesa della SS. Annunziata di Firenze si conserva un frontespizio miniato degli “Atti di San Filippo Bonizzi”. Fu convocato anche a Roma da Papa Urbano VIII ma dei suoi lavori non ne sappiamo niente.

Nel suo percorso artistico fu anche ritrattista, come lo dimostra il dipinto del compositore Paolo Grassi. Rimangono di lui anche due autoritratti presso Pitti e al monastero della Madonna della Quiete a Quarto.

Dedicò gli ultimi anni della sua vita a pregare presso Montesenario. I suoi superiori però vollero chiamarlo a Venezia per fondare un eremo simile a quello fiorentino. Appena ragiunto il luogo però morì (31 ottobre 1659) a causa della malaria contratta durante il viaggio attraverso la Pianura Padana. E’ stato sepolto nella chiesa del convento dei Servi a Venezia. I critici definiscono Stefaneschi come un geniale ritrattista e miniaturista.

Il paese di Ronta ha conservato la casa di Stefaneschi e gli ha dedicato l’antica strada, uno dei personaggi illustri di Ronta di cui il paese ne deve essere fiero.

Giovanni Angiolo Gatti

Nacque a Ronta il 17 Dicembre 1724. Entrò nel Seminario Arcivescovile a dodici anni non tanto per vocazione religiosa, quanto perchè, a quei tempi, era la via più sicura per acquisire un’istruzione. Lasciò il seminario e gli studi ecclesiastici nel 1744. Si iscrisse all’università di Pisa alla facoltà di medicina, dove si laureò nel 1748. Appena laureato divenne insegnante nella stessa università. Con il tempo divenne un personaggio illustre di Ronta ma soprattutto un grande personaggio in medicina. Appassionato studioso di malattie endemiche, volle vedere e studiare i metodi che venivano utilizzati nella cura del vaiolo e visitò la Lombardia, l’Egitto e la Grecia, dove si arricchì di esperienza. Nel 1760 si recò a Parigi. Qui ebbe molto successo ed in poco più di due anni effettuò più di cento vaccinazioni contro il vaiolo.

Poco dopo però, molto invidiato dalle altre persone, venne accusato per le iniezioni che eseguiva. Stanco di questo attacco, propose una ricompensa a chiunque provasse la ricomparsa del vaiolo su soggetti vaccinati.

Nessuno si fece avanti. Luigi XV lo incaricò di eseguire il vaccino agli allievi della scuola militare. Gatti contribuì a ridurre in Francia le stragi del vaiolo. Raccolse i frutti delle sue esperienze nelle “Reflexions sur les préjugés qui s’opposent aux progrès e à la perfection de l’inoculation” e sulle “Nouvelles Reflexions”. Nel 1771 venne nominato medico particolare del re e soprintendente a tutti gli ospedali della Francia. Nel 1775 Gatti tornò in Italia e riprese ad insegnare a Pisa. Nel 1778, con il permesso del Granduca, si recò a Napoli dove era stato chiamato dal re per vaccinare tutta la famiglia reale contro il vaiolo. Rimase a Napoli fino alla morte che avvenne il 18 gennaio 1798.

Dal punto di vista scientifico fu certamente un meritevole personaggio dell’umanità per la sua lotta contro il vaiolo. Gatti fu sicuramente uno dei personaggi illustri di Ronta, ma anche del mondo.

Filippo Pananti

Di ricca famiglia, Filippo nacque a Pulicciano nel 1766. A due anni rimase orfano di padre e insieme ai fratelli venne posto sotto la tutela dello zio Angelo Gatti. Intelligentissimo, si iscrisse a Pisa alla facoltà di legge e conseguì la laurea. Non era fatto per fare l’avvocato e così, contento dei frutti dei suoi averi, preferiva dedicarsi alle lettere, frequentando circoli letterari, e comporre epigrammi e favolette. Argutissimo, usava l’ironia in maniera magistrale. Oltre che letterato, il Pananti assume nel suo tempo un’ importanza politica di primo piano. Scrisse il poemetto “La Civetta” e il sonetto “La guerra di Mantignoso”. Nel luglio del 1799 fu costretto all’esilio e si rifugiò in Francia e i suoi beni furono confiscati (in seguito gli verranno restituiti). Andò così ad insegnare nel celebre collegio di Sorése come professore di matematica e letteratura italiana. Lasciato il collegio francese si trasferì a Londra. Intorno all’anno 1803 fu tutto preso dal teatro. Scrisse “Il poeta di Teatro”, una delle sue opere più importanti. Il Pananti, durante il suo periodo londinese, fondò un giornale insieme ad altri tre connazionali si chiamava l’Italico, un giornale politico, letterario e miscellaneo. Nel settembre del 1813 lasciò l’Inghilterra con l’intenzione di recarsi in Oriente e quindi tornare in patria. Durante il tragitto venne catturato dai pirati algerini. Raccontò di questa sua esperienza su “Avventure e osservazioni sulle coste di Barberia”, un racconto ricco di notizie e di curiosità sui costumi di quel paese. Piacque non solo in Italia. Quando nel 1828 decise di partecipare al concorso indetto dall’Accademia della Crusca con le sue “Opere in verso e in prosa”, arrivò settimo (vi partecipò anche Giacomo Leopardi che arrivò terzo). Tornato in Toscana non trovò lavoro e si dedicò alla scrittura di nuove opere. Tornato a Firenze, alternò la sua vita tra la villa di Pulicciano e la città. Le sue opere furono raccolte in dieci volumi nell’edizione fiorentina del 1831. I rimanenti scritti, e cioè altri epigrammi, prose, lettere, ecc… si possono trovare in un volume chiamato “Opere minori”. Venne anche pubblicato un suo ritratto su “Iconografia contemporanea”. Il 14 settembre 1837 morì a Firenze. Riposa sotto i loggiati di Santa Croce e sul monumento si legge una lapide in suo onore. Del poeta, uno dei personaggi illustri di Ronta, si apprezzano lo stile spigliato e vivace. Le opere di Pananti, uno dei personaggi illustri di Ronta, che furono ricercate e lodate, sono oggi sconosciute e rare.  

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