A quattro chilometri da Ronta, sulla via Faentina, si trova un pittoresco gruppo di case chiamato Razzuolo. Il campanile a vela e la chiesetta ricordano l’importante Badia dedicata all’apostolo San Paolo. Accanto alla chiesa ed al monastero, nel corso dei secoli, sorsero altre casette e si formò una pittoresca frazione. In antichità si chiamava Razzuolo un casolare posto più in alto, nei pressi dell’Albergo “Casa dell’Alpe”. Da qui nacque l’appellativo del paese.

Giovanni Gualberto, fondatore della Badia di San Paolo a Razzuolo

Poco dopo l’anno Mille è presente a Ronta Giovanni Gualberto. L’uomo, dopo aver preso l’abito monastico in San Miniato al Monte, si allontanò dal paese per maturare la sua decisione. Giovanni, insieme ad un compagno, partì quasi in cerca di un segno premonitore di Dio. E’ storicamente accertato l’incontro di Giovanni Gualberto con i monaci di Camaldoli. Questo fatto segnò un momento importante per il cammino spirituale dello stesso Giovanni. Quest’ultimo voleva preparare gli uomini a scendere in campo, evangelicamente formati nel silenzio e nella preghiera. A Vallombrosa, l’invito di Dio fu luminoso. Alla donazione di molti uomini nobili e fedeli che offrivano luoghi per costruirvi monasteri, Gualberto costruì numerosi edifici religiosi, tra cui la badia di San Paolo a Razzuolo.

La Badia

Con la Badia di San Paolo a Razzuolo il fondatore creava un ambiente più consono ai monaci portati in eremitaggio. Allo stesso tempo interveniva direttamente in soccorso dei poveri popolani. In aiuto dei viandanti stanchi, si aprivano le porte della badia di San Paolo a Razzuolo per un piatto di zuppa e, nell’ospizio, ciascuno trovava un posto dove poter riposare e riprendere le energie per continuare il viaggio il giorno seguente. La costruzione avvenne tra il 1035 ed il 1047. ue bolle papali, del 1115 e del 1198, confermano ai monaci il possesso di questa località. I Monaci di Razzuolo, dediti alla preghiera ed al lavoro, cambiarono volto alla zona. Disboscarono molte zone e le ridussero a campi, allevarono greggi ed insegnarono alle genti di montagna la realizzazione del formaggio e la produzione del carbone. Ottennero così molta stima e venerazione da parte dei fedeli del luogo. La Badia di San Paolo a Razzuolo raggiunse nei secoli tale importanza da essere desiderata anche da preti non appartenenti alla congregazione vallombrosana. Non esiste una data precisa per determinare il passaggio definitivo dei monaci da Razzuolo a Ronta. Un fatto è certo: i monaci non abbandonarono mai l’antica sede, anzi ne curavano i restauri. Un monaco si recava ogni domenica per dire la messa e per insegnare il catechismo. Inoltre venivano tenute aperte le porte dell’osteria per fornire pane e altri cibi ai passeggeri. Dal 1782, con il decreto granducale, la Badia di San Paolo a Palazzuolo iniziò a decadere. Parte dell’antico monastero venne venduto e la chiesa stessa, nell’allargamento di un tratto della Faentina, venne abbattuta fino ad essere abbandonata dai monaci. A compiere la rovina fu la Seconda Guerra Mondiale che distrusse tutta la frazione. L’intervento del Genio civile e della Sovrintendenza ai Monumenti, riportarono, nel 1959, la chiesa alle primitive forme, quelle che la spietatezza  del tempo e l’incuria degli uomini non avevano distrutto.

La costruzione della carrozzabile faentina del 1826-46 comporta l’abbattimento della parte absidale della Badia di San Paolo a Razzuolo: la struttura ne resta irrimediabilmente compromessa. Poco tempo dopo crolla anche l’intero transetto. Viene deciso così di capovolgere l’orientamento della chiesa. Alcune tracce dell’ingresso originario si leggono ancora oggi all’esterno dell’attuale abside. La biada si trasformò così in una struttura a navata unica, coperta a capriate, di grande semplicità, con pareti in pietra a vista. La facciata, intonacata, presenta ancora i resti dell’arco di trionfo ogivale che separava il transetto dall’aula. Nulla si è conservato degli originali arredi della chiesa. Recenti lavori hanno riportato alla luce alcuni ambienti dell’antica Badia.

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